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venerdì 27 luglio 2012

Fontane a Trastevere

Fontana della botte a via della cisterna 1955

Fontana della Botte

La fontana della Botte si trova in via della Cisterna ed è addossata ad un parete in laterizio, inquadrata in un arco di travertino. È formata da una base sulla quale poggia un "caratello", come veniva chiamata anticamente a Roma la botte con la quale si trasportava il vino, dal cui foro centrale fuoriesce un getto d'acqua che si versa nel sottostante tino da mosto. La botte è affiancata da due misure da vino da un litro, dai bolli dei quali esce l'acqua. Forse è interessante qui ricordare come un tempo i romani utilizzavano chiamare le misure del vino: sospiro o sottovoce, un decimo di litro; chirichetto, un quinto di litro; quartino, un quarto di litro; fojetta, mezzo litro; tubbo, un litro; barzilai, due litri, che prese il nome dall'on.Barzilai (1860-1939) che usava offrire il vino durante la campagna elettorale in questi recipienti.



Fontana della botte oggi


Souvenir vintage raffigurante la fontana

 La fontana della Botte fu realizzata nel 1927 su progetto dell'architetto Pietro Lombardi con allusione alla caratteristica della zona dove fin dai tempi antichi era intenso il traffico del vino per la nutrita presenza di osterie e trattorie. Questa, come altre fontane rionali, fu commissionata all'architetto Lombardi dal Comune di Roma che volle posizionare alcune fontanelle, tutte allusive, nelle decorazioni, agli stemmi dei rioni o alle attività dei luoghi, come la fontana delle Anfore, la fontana dei Libri, la fontana delle Arti, la fontana delle Tiare, la fontana della Pigna, la fontana dei Monti, la fontana delle Palle di Cannone e la fontana del Timone.




Fontana delle Prigioni

Fontana delle Prigioni

Collocata in modo da apparire come bellissimo sfondo di via Luciano Manara, l'antica fontana del Prigione (nella foto sopra), situata in via Goffredo Mameli, faceva parte dei monumenti che ornavano la famosa villa Montalto, scomparsa nel 1887 per la costruzione della Stazione Termini. Con la progressiva demolizione della villa, la fontana fu smontata e provvisoriamente accantonata nei magazzini del Ministero dell'Interno. In seguito, venne ricomposta in fondo a via Genova, donde, nel 1928, fu trasferita e definitivamente sistemata, a cura del Genio Civile, nella posizione attuale, alle falde del Gianicolo. Il sostantivo "prigione", appartenente all'antica denominazione della fontana, deriva quasi certamente da un grandioso e pregevole gruppo statuario che comprendeva una mezza figura in marmo, più grande del naturale, raffigurante appunto un prigioniero. La fontana che oggi ammiriamo è costituita da un nicchione delimitato da due lesene che sostengono il frontone ricco di decorazioni floreali e protomi leonine. Alla base di ciascuna lesena due piccoli catini sospesi ricevono l'acqua da altrettante cannelle, mentre una bassa piscina a fior di terra, protetta da sei eleganti colonnine, raccoglie l'acqua proveniente a ventaglio da una grossa testa di leone che sporge al centro della nicchia .


Fontana nel 1960

Non tutti gli elementi della fontana, però, sono originari; molti di essi sono stati rifatti, come le grandi volute laterali, le decorazioni interne a stucco e, probabilmente, la vasca di raccolta dell'acqua. Gli elementi in travertino che costituiscono il frontespizio della nicchia ed i pilastri laterali sono invece sicuramente autentici.


Fontanone dell'acqua Paola




La monumentale fontana del Gianicolo (più nota con la denominazione di "Fontanone") sita in via Garibaldi, venne realizzata per volontà di papa Paolo V Borghese da Giovanni Fontana, con la collaborazione di Flaminio Ponzio, e costituisce la grande Mostra dell'Acqua Paola, ossia dell'antico Acquedotto Traiano, proveniente dal lago di Bracciano. Traiano fece costruire l'acquedotto nel 109 d.C., per approvvigionare il Trastevere: il percorso totale è valutato in circa 57 km. I due architetti, tra il 1610 ed il 1612, portarono rapidamente a termine la mostra, con una spesa di poco inferiore ai 10.000 scudi ed ispirandosi, per volere dello stesso papa, alla fontana del Mosè, opera questa di Domenico Fontana, fratello di Giovanni.


 La fontana, in origine, non aveva né il vascone attuale, ma cinque piccole vasche per altrettante bocche d'acqua, né la piazza antistante, che oggi consente di ammirarla in tutta la sua grandezza, ma si trovava sull'orlo del colle che in quel punto era tagliato a picco e l'acqua scendeva giù come fosse una cascata.


 Nel 1690 il pontefice Alessandro VIII Ottoboni provvide all'espurgo delle condutture ed all'immissione di nuove acque e fece creare l'attuale piazzale, che rafforzò con solide mura. Inoltre fece aggiungere l'ampia e magnifica vasca di marmo bianco, realizzata da Carlo Fontana. Nel 1698 Innocenzo XII fece recingere la fontana con l'attuale balaustrata di colonnine, unite con sbarre di ferro, per evitare che i carrettieri vi abbeverassero i cavalli. 





L'edificio, costituito da tre ampie nicchie centrali fiancheggiate da due minori laterali, fu costruito in pietra tiburtina prelevata dalle rovine del Foro di Nerva. È ornato da sei colonne ioniche, quattro di granito rosso (provenienti dalla facciata dell'antica basilica di S.Pietro) e due laterali di granito bigio, le quali sostengono l'architrave che contiene la seguente iscrizione: ANNO DOMINI MDCXII PONTIFICATUS SUI SEPTIMO, ossia "Nell'anno del Signore 1612 durante il suo settimo Pontificato". Sopra l'architrave si eleva l'attico, a sua volta sormontato da una nicchia ad arco sormontata da una croce , con gli emblemi araldici di Paolo V Borghese, un drago ed un'aquila, sorretti da due angeli (opera di Ippolito Buzio del 1610), emblemi che si ripetono anche alle due estremità dell'attico con due draghi . 



L'attico presenta un'ampia lastra marmorea incorniciata ed incisa con magnifici caratteri, nella quale si legge: PAULUS QUINTUS PONTIFEX MAXIMUS / AQUAM IN AGRO BRACCIANENSIS / SALUBERRIMIS E FONTIBUS COLLECTAM / VETERIBUS AQUAE ALSIETINAE DUCTIBUS RESTITUTIS / NOVISQUE ADDITIS / XXXV AB MILLIARIO DUXIT, ossia: "Restaurate le vecchie condotte dell'acqua di Alsio (Palo sull'Aurelia) ed aggiunte delle nuove dalla XXXV pietra miliare, Paolo V Pontefice Maximo portò l'acqua raccolta nella campagna delle assai salubri fonti di Bracciano". Questa epigrafe, una delle più belle che esistano a Roma, contiene, tuttavia, una grave inesattezza: vi si afferma, infatti, che per addurre l'acqua vennero restaurati gli antichi condotti dell'Aqua Alsietina (proveniente dal lacus Alsietinus, oggi lago di Martignano) anziché quelli dell'Aqua Traiana. La realizzazione dell'acquedotto Paolo consentì per la prima volta l'ingresso dell'acqua nelle case di Borgo e Trastevere, ma si trattava di acqua non perfettamente potabile, se i romani coniarono il detto "Valere quanto l'acqua Paola", cioè valere poco o niente. Successivamente l'acquedotto fu prolungato per alimentare anche i rioni di Regola e Ponte: a tal scopo fu costruita la seconda fontana-mostra, quella che oggi è situata in piazza Trilussa, ma un tempo addossata al palazzo dei Centopreti, come fondale di via Giulia. Nella seconda metà del XVII secolo, per volontà di papa Alessandro VII, il giardino, allora assai ampio, alle spalle del Fontanone, venne adibito ad Orto Botanico ed affidato alle cure  dell'Università della Sapienza: solo nel 1820, per volere di Pio VII, l'Orto Botanico venne trasferito nei giardini di palazzo Corsini. Oggi un cancello immette all'interno del giardino, nel quale vi è un ninfeo con lo stemma di Innocenzo XII Pignatelli, perfettamente in asse con il nicchione centrale della fontana (nella foto 3), attraverso il quale si gode un insospettato quanto meraviglioso panorama di Roma.


Fontana di Pio IX in piazza MastaiAutore: Andrea Busiri Vici.Datazione: 1865.Materiali: marmo, travertino.Alimentazione originaria: acquedotto Paolo.

Fontana 1929 (repertazione fontane del comune di Roma)



1870

Buisiri attinge al repertorio tardo cinquecentesco di Giacomo della Porta per gli elementi architettonici e al linguaggio barocco per i decorativi (delfini e putti), tenendo presente e in parte riecheggiando la più antica fontana del rione, quella della vicina piazza di S. Maria in Trastevere.


1870

La fontana di piazza Mastai si innalza su una gradinata ottagonale sulla quale si erge la vasca anch’essa di forma ottagona, ornata nelle specchiature dallo stemma pontificio alternato a cartigli con il nome del papa e la data di esecuzione dell’opera. Il primo catino in basso è sorretto da quattro figure di delfini, mentre il secondo catino in alto, rovesciato e a scaglie, è sorretto da quattro putti.L’opera del Busiri costituisce la prima fontana moderna a carattere monumentale che si realizza nel rione Trastevere dopo la fontana-mostra dell’Acqua Paola sul Gianicolo degli inizi del XVII secolo.La fontana è stata restaurata nel 1996.




Fontana dell’Acqua Paola in Piazza Trilussa



Autori: Giovanni Vasanzio; Giovanni Fontana. Datazione: 1613.Materiali: marmo, travertino, cortina in laterizio.Alimentazione originaria: acquedotto Traiano Paolo.Ubicazione iniziale: via Giulia


La prima disposizione della fontana, rimasta così con prato e ghiaia per solo un anno poi modificata come la conosciamo a seguito  della costruzione del palazzo all'angolo coi portici



Voluta da papa Paolo V Borghese (1605-1620), si trovava in origine sulla riva sinistra del Tevere all’estremità di via Giulia, di cui costituiva il fondale, a ridosso dell’Ospizio dei Mendicanti edificato pochi anni prima da papa Sisto V Peretti (1585-1590). Era alimentata da una diramazione dell’acquedotto Traiano-Paolo, ripristinato dallo stesso Paolo V per servire la zona transtiberina.Concepita come un arco monumentale con una nicchia centrale fiancheggiata da due colonne ioniche, la fontana presenta un alto attico sul quale giganteggia lo stemma della famiglia Borghese (aquila e drago) e l’iscrizione celebrativa che ricorda i meriti del pontefice per aver condotto la nuova acqua anche sulla sponda sinistra del Tevere.


La fontana è stata smontata nel 1879 per la realizzazione degli argini del Tevere che impose la distruzione dello stesso Ospizio dei Mendicanti. Soltanto nel 1898 fu ricostruita sulla sponda destra del fiume, concepita come una struttura isolata, in asse con ponte Sisto ed in collegamento visivo con l’imponente mostra dell’Acqua Paola collocata sulla sommità del Gianicolo.








Dopo la ricostruzione sono state aggiunte due nuove iscrizioni all’interno dell’arcata centrale e all’esterno della fiancata destra per ricordare il trasferimento della fontana.Galleria di immagini














Fontana a via gartibaldi




Addossata al muraglione della strada, all'angolo con via di Porta S. Pancrazio e la salita del Bosco Parraiso, si trova una malridotta fontanina sormontata da una epigrafe con stemma Barberini che ricorda i lavori di consolidamento eseguiti nel 1629 inS.Pietro in Montorio  durante il pontificato di UrbanoVIII.

E' probabile che la fontana risalga alla stessa epoca indicata dalla lapide ed è anche possibile che l'attuale collocazione non sia quella originaria in quanto la parete su cui poggia presenta tracce di una precedente porta. Comunque stiano le cose essa appartiene certamente alla metà del XVII secolo, ed è formata da una protome leonina murata entro una nicchia con cornice in mattoni avente ai lati due cannelle a forma di piccole stelle che versano l'acqua in una semplice vasca di marmo con incisa la data del 1936, anno del restauro eseguito dal comune (SPQR - MCMXXXVI E.F. -  XV).
Il pavimento attorno alla vasca è realizzato con antichi frammenti marmorei. Considerate le condizioni in cui è ridotta la fontana, ovviamente priva di alimentazione idrica, sarebbe necessario un provvidenziale intervento conservativo, anche per soddisfare le esigenze dei trasteverini i quali, esasperati, vi hanno recentemente posto sul bordo un cartello con un disegno naif raffigurante una donna che beve e la scritta: "Fate riaprire quest'acqua Marcia, antica, pia, freschissima orgoglio dei trasteverini. Ci state togliendo tutti i ricordi caratteristici dei nostri padri. Ci state creando una desolazione. Se ci lavano le macchine metteteci un divieto con grosse multe.
Fontana in piazza Santa Maria in Trastevere


Autori: Carlo Fontana.
Datazione: 1692, 1873.
Materiali: marmo, travertino, bronzo.
Datazione: 1692, 1873.Materiali: marmo, travertino, bronzo.



Il primo restauro fu voluto da Giovanni di Valenza, cardinale del titolo di Santa Maria in Trastevere, durante il pontificato di Alessandro VI Borgia (1492-1503). In questa occasione fu abolito il secondo catino e furono aggiunte delle bocche a forma di testa di lupo attorno al catino rimasto. Nel 1604 si ha notizia di un altro intervento realizzato da Girolamo Rainaldi (1570-1655), probabilmente a seguito dell’arrivo in Trastevere dell’acqua Felice.





All’epoca di papa Alessandro VII Chigi (1655-1667) la fontana venne spostata al centro della piazza e fu dotata di una maggiore quantità d’acqua proveniente dal rinnovato acquedotto Traiano-Paolo. I lavori furono affidati a Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) che intervenne sulla vasca ottagona posta alla base. Sulle specchiature della vasca venne scolpito lo stemma di Alessandro VII e l’iscrizione commemorativa e al di sopra delle specchiature stesse vennero inserite quattro doppie conchiglie.

Nel 1692 Innocenzo XII Pignatelli (1691-1700) trasformò nuovamente la fontana, affidando i lavori all’architetto Carlo Fontana (1634/38-1714), che ampliò la capacità della vasca, realizzata in travertino, e sostituì le conchiglie berniniane con altre più grandi a valva eretta.Nel 1873, infine, il Comune di Roma ricostruisce la fontana secondo il modello del 1692, utilizzando il bardiglio grigio e aggiungendo un vistoso S.P.Q.R all’esterno delle conchiglie.L’ultimo restauro è stato realizzato nel 1984.


Il Nasone



Il Nasone 
Le fontanelle di Roma costituiscono una rarità mondiale. Credo che sia difficile trovare in altre città del mondo una tale quantità di fontanelle sistemate nelle vie perché siano usate dai cittadini per dissetarsi. Chi non le conosce ? Chi abita qui, le ha usate e le userà sempre ed il turista che viene a Roma per la prima volta, o ne ha sentito parlare da amici che lo hanno preceduto, oppure, quando ci si imbatte , rimane sicuramente sorpreso nel vederle e d’estate rappresentano per lui un bel refrigerio o alternativa all’alto costo della bottiglia della minerale.Sono realizzate in ferro brunito ed hanno una forma caratteristica conosciuta ormai anche fuori dai confini romani. Sembra una piccola colonna con un bel cappellotto intarsiato sopra ed il rubinetto ha una strana forma ricurva. Per questa ragione i romani la battezzarono subito “ il nasone “ poiché il rubinetto sembra un naso. E’ diventata quindi uno dei simboli di Roma conosciuta come il Colosseo, come San Pietro o Fontana di Trevi.

Fontanella (e latrina) a via di S.Michele nel film Accattone


“il nasone“ suscita ricordi che mi riportano all’infanzia, quando la città , ancora vuota di automobili ed altre distrazioni, offriva le fontanelle come punto di ritrovo della strada ove si abitava. Si giocava a palla, ci si rincorreva e poi, sudati, via alla fontanella a rinfrescarsi e magari a lavare graffi procurati nel giuoco. Io abitavo oltre la Basilica di San Giovanni fuori le mura in una bella strada larga, almeno allora lo era, perché le macchine non passavano e ne esistevano poche in giro. Parlo degli anni della guerra, nel 1945, ed io avevo dieci anni. D’estate, prima del pranzo e della cena, mia madre mi chiamava e mi diceva “vai a prendere l’acqua alla fontanella “. Noi eravamo fortunati perché l’avevamo a dieci metri dal portone di casa, così l’acqua in tavola era fresca ed il frigorifero era di là da venire. 

Durante la guerra, quante volte mancava l’acqua in casa ed, allora, con tutti i recipienti che avevamo, dovevamo andare alla fontanella per caricarla per vivere, per cucinare e per i servizi. La fila spesso era lunga.



“Chi è l’ultimo?“  E li ad attendere il turno ed io, bambino, sentivo le “chiacchere“ del vicinato, non i gossip né i pettegolezzi, ma “non si trova il pane”, “il latte è scarso“, “i tedeschi“, “quando finirà questa maledetta guerra“.
E poi, quante volte, durante la fila, suonava la sirena che dava il segnale di un prossimo bombardamento aereo. Allora tutti di corsa al ricovero al riparo dalle bombe e tutti i recipienti rimanevano abbandonati vicino alla fontanella per essere ripresi dopo il passato pericolo.
La fontanella ha visto sfilare accanto anni di vita, buoni e cattivi per tutti, sempre lì ferma e pronta, immobile ed imperturbabile, a renderci il servizio per cui era stata creata.
Ora è tutto diverso. L’acqua fresca l’abbiamo in frigorifero, e se abbiamo sete in strada andiamo al bar ove c’è tutto quello di cui abbiamo bisogno.

Fontana degli 11 zampilli all'orto Botanico



Fontana degli 11 zampilli all'orto botanico

Il ruolo centrale nel disegno di prospettive architettoniche è sicuramente ricoperto dalla Fontanadei Tritoni e dallo scalone monumentale con la Fontana degli 11 zampilli, costruite entrambe nellaseconda metà del 1700. Come primo impianto lo scalone fu fatto probabilmente costruire dallaRegina Cristina di Svezia, che soggiornò nel Casino del Gianicolo (demolito agli inizi di questosecolo per far posto alla statua di Garibaldi) durante alcuni lavori di ristrutturazione del PalazzoRiario. La Fontana dei Tritoni, inizialmente di forma circolare ed in posizione più avanzata rispettoallʹattuale, dopo lʹintervento del Fuga, assunse una gradevole forma mistilinea e si arricchì di duetritoni in travertino che lo zampillo dʹacqua centrale ha lentamente e quasi completamente consunto.

Acquarelo Elgood 1900


La fontana dopo il laborioso restauro del 2008

lunedì 23 luglio 2012

Gianicolo, fontana acqua Paola e limitrofi Parte 1


L'Acqua Paola

1880 Acqua Paola
La monumentale fontana del Gianicolo (più nota con la denominazione di "Fontanone") sita in via Garibaldi, venne realizzata per volontà di papa Paolo V Borghese da Giovanni Fontana, con la collaborazione di Flaminio Ponzio, e costituisce la grande Mostra dell'Acqua Paola, ossia dell'antico Acquedotto Traiano, proveniente dal lago di Bracciano. 







Traiano fece costruire l'acquedotto nel 109 d.C., per approvvigionare il Trastevere: il percorso totale è valutato in circa 57 km. I due architetti, tra il 1610 ed il 1612, portarono rapidamente a termine la mostra, con una spesa di poco inferiore ai 10.000 scudi ed ispirandosi, per volere dello stesso papa, alla fontana del Mosè, opera questa di Domenico Fontana, fratello di Giovanni.


















 La fontana, in origine, non aveva né il vascone attuale, ma cinque piccole vasche per altrettante bocche d'acqua, né la piazza antistante, che oggi consente di ammirarla in tutta la sua grandezza, ma si trovava sull'orlo del colle che in quel punto era tagliato a picco e l'acqua scendeva giù come fosse una cascata. 






















Nel 1690 il pontefice Alessandro VIII Ottoboni provvide all'espurgo delle condutture ed all'immissione di nuove acque e fece creare l'attuale piazzale, che rafforzò con solide mura. Inoltre fece aggiungere l'ampia e magnifica vasca di marmo bianco, realizzata da Carlo Fontana. 












Nel 1698 Innocenzo XII fece recingere la fontana con l'attuale balaustrata di colonnine, unite con sbarre di ferro, per evitare che i carrettieri vi abbeverassero i cavalli. L'edificio, costituito da tre ampie nicchie centrali fiancheggiate da due minori laterali, fu costruito in pietra tiburtina prelevata dalle rovine del Foro di Nerva. È ornato da sei colonne ioniche, quattro di granito rosso (provenienti dalla facciata dell'antica basilica di S.Pietro) e due laterali di granito bigio, le quali sostengono l'architrave che contiene la seguente iscrizione: ANNO DOMINI MDCXII PONTIFICATUS SUI SEPTIMO, ossia "Nell'anno del Signore 1612 durante il suo settimo Pontificato".










 Sopra l'architrave si eleva l'attico, a sua volta sormontato da una nicchia ad arco sormontata da una croce (nella foto 1), con gli emblemi araldici di Paolo V Borghese, un drago ed un'aquila, sorretti da due angeli (opera di Ippolito Buzio del 1610), emblemi che si ripetono anche alle due estremità dell'attico con due draghi .




















 L'attico presenta un'ampia lastra marmorea incorniciata ed incisa con magnifici caratteri, nella quale si legge: PAULUS QUINTUS PONTIFEX MAXIMUS / AQUAM IN AGRO BRACCIANENSIS / SALUBERRIMIS E FONTIBUS COLLECTAM / VETERIBUS AQUAE ALSIETINAE DUCTIBUS RESTITUTIS / NOVISQUE ADDITIS / XXXV AB MILLIARIO DUXIT, ossia: "Restaurate le vecchie condotte dell'acqua di Alsio (Palo sull'Aurelia) ed aggiunte delle nuove dalla XXXV pietra miliare, Paolo V Pontefice Maximo portò l'acqua raccolta nella campagna delle assai salubri fonti di Bracciano".










 Questa epigrafe, una delle più belle che esistano a Roma, contiene, tuttavia, una grave inesattezza: vi si afferma, infatti, che per addurre l'acqua vennero restaurati gli antichi condotti dell'Aqua Alsietina (proveniente dal lacus Alsietinus, oggi lago di Martignano) anziché quelli dell'Aqua Traiana.


























 La realizzazione dell'acquedotto Paolo consentì per la prima volta l'ingresso dell'acqua nelle case di Borgo e Trastevere, ma si trattava di acqua non perfettamente potabile, se i romani coniarono il detto "Valere quanto l'acqua Paola", cioè valere poco o niente. Successivamente l'acquedotto fu prolungato per alimentare anche i rioni di Regola e Ponte: a tal scopo fu costruita la seconda fontana-mostra, quella che oggi è situata in piazza Trilussa, ma un tempo addossata al palazzo dei Centopreti, come fondale di via Giulia. 
















Nella seconda metà del XVII secolo, per volontà di papa Alessandro VII, il giardino, allora assai ampio, alle spalle del Fontanone, venne adibito ad Orto Botanico ed affidato alle cure  dell'Università della Sapienza: solo nel 1820, per volere di Pio VII, l'Orto Botanico venne trasferito nei giardini di palazzo Corsini.



















 Oggi un cancello immette all'interno del giardino, nel quale vi è un ninfeo con lo stemma di Innocenzo XII Pignatelli, perfettamente in asse con il nicchione centrale della fontana (nella foto 3), attraverso il quale si gode un insospettato quanto meraviglioso panorama di Roma.


Panorama dal gianicolo 1870

Ingresso del gianicolo accanto l'Acqua Paola 1900


Il Gianicolo



l Gianicolo è un colle romano, prospiciente la riva destra del Tevere e la cui altezza massima è 82 metri. Non fa parte del novero dei sette colli tradizionali. La pendice orientale digrada verso il fiume e alla base si trova il rione storico di Trastevere, mentre quella occidentale, meno ripida, costituisce la parte più vecchia del moderno quartiere di Monteverde.


Il nome del colle secondo la tradizione deriverebbe dal dio Giano che vi avrebbe fondato un centro abitato conosciuto con il nome di Ianiculum. Nella realtà in relazione a tale divinità sul Gianicolo esisteva solo un sacello dedicato al figlio Fons o Fontus.
Era invece presente un piccolo centro abitato (Pagus Ianiculensis) situato ai piedi del colle nella zona di Trastevere oggi corrispondente a piazza Mastai.


Situato sulla riva destra del Tevere, in territorio originariamente etrusco, il colle sarebbe stato occupato e annesso a Roma da Anco Marzio che l'avrebbe fortificato e collegato alla città[1] tramite il Ponte Sublicio sul quale doveva passare l'antica strada che attraversava il colle proveniente dall'Etruria, che in seguito diventò la Via Aurelia.
Rimasto escluso dalle antiche mura serviane, il Gianicolo venne parzialmente incluso nelle mura aureliane.
Un'area del Gianicolo era coperta di boschi sacri dedicati, con un tempio, all'antica divinità Furrina.




Un'altra area cultuale, più tarda, è il santuario isiaco sulla pendice orientale, oggi via Dandolo: il sito è pittoresco, ma poco curato e spesso chiuso; i relativi reperti sono attualmente esposti nella collezione egizia di Palazzo Altemps.











Nel XVII secolo il colle fu incluso nelle mura di Urbano VIII, chiamate appunto anche mura gianicolensi.
L'urbanizzazione del colle del Gianicolo consisteva fino a tutto l'Ottocento di ville con grandi parchi come la villa Doria-Pamphili e la villa Corsini, dei loro casali e di chiese con conventi e terreni come la Basilica di San Pancrazio o San Pietro in Montorio o il Convento di Sant'Onofrio.




Teatro nel 1849 dell'eroica difesa della breve Repubblica Romana contro i francesi chiamati da Pio IX a riprendergli Roma, il Gianicolo divenne dopo l'Unità d'Italia un grande parco pubblico e una sorta di memoriale del Risorgimento: già nel 1879, sul piazzale di San Pietro in Montorio fu costruito un "Monumento ai caduti per la causa di Roma Italiana" oggi scomparso. 



S.Pietro in Montorio dopo i bombardamenti del1849


Nel punto più alto del colle furono successivamente poste le statue equestri di Garibaldi (opera di Emilio Gallori inaugurata nel 1895) e di Anita (opera di Mario Rutelli del 1932 in collaborazione con l'allievo Silvestre Cuffaro; nel piedistallo furono poste anche le ceneri di lei). 






Celebrazioni del centenario dell'unità d'Italia.
Grande e bella inquadratura dal basso della statua di Garibaldi a cavallo al Gianicolo - campo medio
data:27.03.1961

2 giugno 1936 un corteo accompagna le spoglie di Anita Garibaldi giunte a termini sino alla base del monumento in suo onore al gianicolo, passando per via nazionale sino a via del re e gianicolo

1900 GIANICOLO


Rutelli con un modello della statua (foto precedente)











Nel declivio sotto il Fontanone di Paolo V e lungo la via del Gianicolo che scende verso San Pietro fu collocata una miriade di mezzibusti marmorei, ritratti di illustri garibaldini, dai Mille ai combattenti che con lui avevano resistito per settimane alle truppe francesi di gran lunga più numerose e meglio armate.




























L'iniziale monumento ai caduti fu poi spostato e ricostruito nel 1941 da Giovanni Jacobucci poco più in là, al sommo di via Garibaldi, includendovi l'ossario dei caduti della Repubblica Romana del 1849, nel quale fu spostata anche la tomba di Goffredo Mameli.

Inaugurazione monumento-ossario
Benito Mussolini è ritratto in primo piano, su una pedana, stagliato sullo sfondo del Mausoleo dei caduti per l'indipendenza d'Italia - totale del Mausoleo con scorcio dal basso
data:03.11.1941

In cima al colle (praticamente sotto la statua di Garibaldi) è posto dal 24 gennaio 1904 un cannone che spara, a salve, a mezzogiorno in punto. 

Lo sparo, nei rari giorni in cui la città è meno rumorosa (particolarmente la domenica, o d'agosto), si può sentire fino all'Esquilino.
La cannonata a salve di mezzogiorno fu introdotta da Pio IX nel 1847, per dare uno standard alle campane delle chiese di Roma, in modo che non suonassero ognuna il mezzogiorno del proprio sagrestano[2]. Il cannone era allora in Castel Sant'Angelo, da dove venne spostato nel 1903 a Monte Mario, per qualche mese, per essere poi posizionato al Gianicolo dove ancora sta.
L'uso non fu interrotto dall'Unità d'Italia, ma dalla guerra sì. Fu ripristinato il 21 aprile 1959, in occasione del 2712º anniversario della fondazione di Roma.

Ragazzi al Gianicolo 1950

Il casotto delle marionette

Quercia del Tasso 1900

statua di Garibaldi 1930