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giovedì 7 agosto 2014

Piazza Trilussa, tra storia e curiosità

Una rara cartolina commemorativa del posizionamento della fontana nel luogo attuale, ci restituisce un allestimento durato in realtà pochi mesi, al quale fece seguito l'attuale con scalinata e mura senza praticello, dovuta alla nuova conformazione della piazza a seguito dell'edificazione del palazzo dove oggi c'è caffè friend

Nelle sue stratificazioni storiche ed urbanistiche, Roma ha visto cambiamenti nei secoli, ma quelli perpetrati dai Savoia, re della novella Italia, per rendere la capitale sicura da alluvioni ( nello stesso anno dell'insediamento ,  si registrò piena record) decisero per il progetto carnevari che pervedeva pesanti demolizioni su entrambe le rive del fiume. Unico regalo di tali brutali demolizioni, che non risparmiarono chiese e reperti diell'impero, fu l'acquisizione per Trastevere, di una fontana in precedenza addossata sulla sponda opposta, al palazzo cosiddetto dei centopreti a piazza Pallotti.

la fontana ed il palazzo dei centopreti e ponte sisto addossati

 Sulla sponda destra del Tevere, proprio di fronte a Ponte Sisto, si apre piazza Trilussa (in passato denominata "piazza di Ponte sisto") con la bellissima fontana commissionata da Paolo V Borghese agli architetti Van Santen (detto "il Vasanzio") e Giovanni Fontana:


la fontana a piazza Pallotti durante le demolizioni ritratta dal Franz
acquarelli ed incisioni ci restituiscono l'aspetto originario della fontana

pochi sanno che negli anni in cui la fontana smontata dal palazzo fu tenuta nei magazzini del comune fino al succesivo rimontaggio, vennero smarrite molte parti originali e fu necessario ricostruirle da questi ed altri disegni dell'epoca

E' la seconda mostra dell'Acqua Paola (dopo la Fontana Paola), ossia dell'antico Acquedotto traiano, a seguito del prolungamento della sua canalizzazione per alimentare, oltre ai rioni di Trastevere  e Borgo, anche quelli di Regola e Ponte. Originariamente la fontana

la fontana durante il riposizionamento nel luogo attuale

la fontana durante la seconda guerra mondiale

..Era situata dalla parte opposta del fiume, sullo sfondo di Via Giulia, addossata all'edificio denominato dei Centopreti, risalente al 1879, ci mostra la fontana nel suo luogo originario, affiancata dai due portali, entrambi demoliti, realizzati da Domenico Fontana nel 1587 ed appartenenti all'Ospizio dei mendicanti o centopreti
Paolo Stoppa e Silvana Pampanini e sullo sfondo trastevere e la fontana, nel film "la bella di roma"

La fontana, trasferita in questa piazza nel 1898, in seguito alla costruzione dei muraglioni del Tevere, è costruita con un muro di blocchi di travertino; il bell'arco è racchiuso tra colonne e piloni a bugnato liscio e risale al 1613. I basamenti delle due colonne sono decorati con draghi, simbolo araldico della famiglia Borghese.
l'aspetto di piazza ponte sisto appena varcato il ponte omonimo era ben diversa da quella che conosciamo


si demoliscono le case su vicolo del quartiere e vicolo della farnesina

piazza di ponte sisto ritratta dalla fine di via benedetta, con i vecchi edifici che verranno demoliti ed il primo nuovo in costruzione in alto al centro dove sorgeranno piazza e via politeama, al posto del teatro precedentemente abbattuto

questa immagine scattata dall'attuale via politeama ci restituisce il fascino di una piazza perduta: a sinistra via benedetta prima delle demolizioni, al centro vicolo di ponte sisto e gli altri edifici che verranno abbattuti, compresi quelli a destra della foto, al posto dei primi sorge oggi la fontana, su quelli a destra piu tardi verà edificato l'edificio dell'pattuale caffè friends, in alto a destra si scorge l'altana del borromini su palazzo  falconieri

questa la vista dal palazzo prospicente al ponte, dove oggi scorre allegramente il lungotevere raffaello sanzio, si vedono le case addossate al fiume ai lati di ponte sisto e sulla sponda opposta a regola
In alto, la composizione è chiusa da un frontone con un'iscrizione, sormontata dal grande stemma di casa Borghese. L'acqua fuoriesce dalla sommità dell'arcata e, sotto forma di zampillo, dalle bocche dei draghi. Sulla piazza è situato il monumento commemorativo che le dà il nome, quello del grande poeta romanesco Trilussa, al secolo Carlo Alberto Salustri, nato a Roma nel 1871 ed ivi morto nel 1950. La sua misura caratteristica fu l'apologo breve, la favoletta lineare, una poesia ironica ed al tempo stesso semplice e moderata.
Rosa Tomei, fedele donna al servizio di trilussa posa il giorno dopo l'inaugurazione del busto



La foto sulla statua di trilussa, un classico tributo d'orgoglio alla nascita nel rione caro al poeta
l'amore per il poeta e la scansonata goliardia trasteverina hanno sempre convissuto col busto posizionato in piazza...la cui posizione fu commentata dal guasta con questo sonetto edito nel 1958:

                                                    Pover'amico mio, chi t'ha stroppiato?

Tu che vivo parevi un monumento,
ner monumento pari un disgrazziato,
tu ch'eri tanto bello, fai spavento.
Io me ce sento rabbia, me ce sento,
de nun potè conosce 'st'ammazzato
che prima t'ha scolpito a tradimento,
poi mette in mostra er corpo del reato.

Tutto pè sbieco, mezz'a pecorone,
lui pò ringrazzià Iddio che nun te vedi
arinnicchiato accanto ar Fontanone.

Se te vedessi, Trì, nun ciabbozzavi
e benchè t'abbia fatto senza piedi,
ma sai li carci in culo che je davi!

 La statua in bronzo fu realizzata dallo scultore Lorenzo Ferri e l'inaugurazione avvenne il 21 dicembre 1954. Accanto alla sua immagine è riportata una sua poesia, "All'ombra", scelta, probabilmente, perché più delle altre rispecchia il moralismo, l'arguzia aperta e cordiale, che nasconde un'ombra di disprezzo verso le vicende umane, di questo grande personaggio: "Mentre me leggo er solito giornale spaparacchiato all'ombra d'un pajaro, vedo un porco e je dico: - Addio, majale! vedo un ciuccio e je dico: - Addio, somaro! Forse 'ste bestie nun me capiranno, ma provo armeno la soddisfazzione de poté dì le cose come stanno senza paura de finì in priggione". 
quando i cellulari avevano i cavalli e se erano a ponte sisto, vul dire che ti portavano in prigione

sulle rovine dei palazzi addossati al ponte, con le balaustre in ghisa posizionate poco prima dei mujraglioni, il passaggio da e per trastevere non si è mai interrotto..

dobbiamo al conte Primoli, un antesignano appassionato della fotografia, un intero servizio sul passaggio a ponte sisto, con costumi e personaggi di fine 800, metre tutt'attorno i lavori per i muraglioni e le demolizioni procedevano senza sosta.

La traduzione, se serve, è questa: "Mentre mi leggo il solito giornale sdraiato all'ombra di un pagliaio vedo un porco e gli dico: - Addio, maiale vedo un asinello e gli dico: - Addio, somaro! Forse queste bestie non mi capiranno ma provo almeno la soddisfazione di poter dire le cose come stanno senza paura di finire in prigione".
una panoramica della piazza con la fontana appena restituita alla piazza dopo un anno di restauri che l'hanno riportata a vecchio splendore

Oggi la piazza è luogo di incontro ed appuntamenti diurni e soprattutto notturni, per turisti e romani che amano ritrovarsi qui prima di inoltrarsi nei vicoli e piazze del rione, è anche stato luogo di bivacco e vandalismo e ci auguriamo che con presidi fissi, telecamere e quant'altro, si proteggano i nostri tesori e non siano sempre alla mercè di chiunque.

Questo dal ponte, al centro...lo sguardo verso trastevere, annunciato dalla fontana che un tempo era alla fine di via Giulia

Vicolo Moroni ...ieri e oggi

Vicolo Moroni, lavandaia sul'uscio
 Tra le prime leggende metropolitane di una Roma Papalina, vi era quella che ai tempi, i grandi personaggi della curia non camminassero mai come i comuni mortali sulle strade, ma avessero sempre dei cunicoli e dei passetti rialzati, come quello di castello per intenderci , sicché al riguardo ve n'è una proprio legata a Vicolo Moroni.

1956 Bambini a vicolo Moroni


 Si narra che sotto la lungara vi sia un antico tunnel che la percorra per intero dall'arco di sangallo a S.Pietro ed arrivi proprio alle mura aureliane di S.Dorotea. L'uso di tale tunnel era molteplice, uno dei più sconosciuti sembra essere, la via anonima per raggiungere un noto bordello che nei secoli scorsi risiedeva proprio nelle mura accanto vicolo Moroni, ma il confine tra realtà e leggenda  rimane ancorato a tramandazzioni e ritrovamenti del medesimo sotto i giardini chigiani distrutti per i muraglioni.

vicolo moroni anni 70


E.Gentilini, moretta di vicolo MORONI

 Il nome di questo vicolo deriva dalla famiglia Moroni, originaria di Milano ma presente a Roma fin dal Trecento, che qui risiedette nel palazzo situato al civico 3. L'edificio fu acquistato alla fine del Quattrocento dal cardinale Giovanni Moroni che ebbe qui la propria dimora finché nel 1504 si trasferì, in qualità di titolare, nella chiesa di S.Maria in Trastevere , dopodichè il palazzo passò in proprietà alla sua famiglia. Per più di due secoli i Moroni vi abitarono finché il conte Michele, intorno al 1780, vendette l'edificio all'abate Navali; poi l'edificio passò in proprietà a monsignor Angelo Picchioni e successivamente alla famiglia Pozzi. Il palazzo, che sviluppa su tre piani ed uno ammezzato, è caratterizzato da un bel portone centinato con bugnato a cuscino e cartiglio in chiave, da altre tre porte, una delle quali murata, e da finestre rettangolari con davanzale su mensole: da ricordare che un tempo la facciata era caratterizzata dallo stemma della casata Moroni costituito da un albero moro celso in campo bianco.
vicolo moroni anni 70


vicolo moroni anni70

vicolo moroni anni 70



 Tra il 1888 ed il 1895 il palazzo ospitò, all'interno di alcuni locali al pianterreno con ingresso al civico 23, un teatro in legno denominato "Nuovo Politeama Romano" perché in sostituzione del "Teatro Politeama Romano" di "piazza della Renella", demolito, quest'ultimo, nel 1888 in occasione della costruzione dei muraglioni del Tevere.

il vecchio teatro politeama sulle sponde della renella poteva ospitare 5000 persone



vicolo moroni anni 70


vicolo moroni da repertazione biblioteca hertziana anni 70



I proprietari del "Nuovo Politeama Romano", Bartolomeo Filipperi e Giovanni Mancini, gestivano anche una famosa e caratteristica osteria, annessa al teatro, denominata "degli Orti Aureliani" (in onore delle vicine Mura Aureliane), frequentata da giornalisti, letterati ed artisti, che qui fondarono un'associazione denominata "La Lega dell'Ortografia".
rara foto del teatro politeama




 L'osteria, successivamente chiamata "Trattoria del Lungotevere", era strettamente collegata alle fortune del teatro e le vendite del vino direttamente proporzionali al successo degli spettacoli: durante la rappresentazione del dramma "Le Due Orfanelle" o durante l'esibizione canora del cantante romanesco Orazietto delle Fornaci, il vino scorreva a fiumi, quasi incapace di placare la sete e l'eccitazione di quei popolani entusiasti. Successivamente nello stesso luogo si insediò il "Teatro Intrastevere", caratterizzato da tre ambienti distinti e separati: la "sala teatro", la "sala caffé teatro" con un palcoscenico a passarella e la "sala performance" senza palcoscenico: oggi i locali sono adibiti a sala cinematografica denominata Multisala Intrastevere.                                                                                                                                                                         
vicolo moroni visto dal lungotevere della farnesina 1956


Una presenza davvero particolare quanto inaspettata è fornita dai resti del tratto transtiberino delle Mura Aureliane, una presenza davvero rara su questa sponda del Tevere, che costituivano il prolungamento ed il congiungimento della cinta difensiva tra la vicina Porta Settimiana ed il Tevere, dove, poche decine di metri a nord di Ponte Sisto, si chiudeva il triangolo transtiberino.

ecco come finivano le mura aureliane sul tevere, il quadro del franz del 1880 testimonia
la scoperta di sottostanti resti del tempio di sulpicio platorino a monte di ponte sisto

Tomba di Sulpicio Platorini

La Tomba dei Platorini

Rinvenuta nel 1880 nel quartiere di Trastevere, tra Ponte Sisto e via della Lungara, la tomba fu ricostruita nell’aula X delle Terme di Diocleziano nel 1911, in occasione della grande Mostra Archeologica di Roma; in tale occasione si utilizzarono tutti i materiali originari superstiti (i blocchi marmorei usati per il rivestimento, le iscrizioni, le urne e le tre sculture).L’edificio era composto da pareti con nicchie semicircolari e quadrate all’interno delle quali erano collocate le urne con le ceneri dei defunti; l’iscrizione che sovrasta l’ingresso del sepolcro riporta alla famiglia dei Suplicii, forse da identificare con i proprietari del sepolcro stesso.L’edificio era composto da pareti con nicchie semicircolari e quadrate all’interno delle quali erano collocate le urne con le ceneri dei defunti; l’iscrizione che sovrasta l’ingresso del sepolcro riporta alla famiglia dei Suplicii, forse da identificare con i proprietari del sepolcro stesso.

L’edificio era composto da pareti con nicchie semicircolari e quadrate all’interno delle quali erano collocate le urne con le ceneri dei defunti; l’iscrizione che sovrasta l’ingresso del sepolcro riporta alla famiglia dei Suplicii, forse da identificare con i proprietari del sepolcro stesso. Oggi le mura che cingono e sormontano vicolo Moroni sono luoghi preclusi allo sguardo, torrette che si affacciano su i giardini della farnesina e sul gianicolo..autentici privilegio per chi ci vive accanto e che, in alcuni casi, beneficia ancora di accessi al passetto tra le due ultime torri rimaste.


1939 dalla terrazza di s. dorotea


lo spettacolo di vista dalla torretta sopra vicolo moroni

Appare evidente comunque, anche all'occhio profano, che questo vicolo malgrado le demolizioni sia rimasto un piccolo gioiello intatto nel tempo.


vicolo moroni




























lunedì 4 agosto 2014

S.Maria alla Scala

Santa maria alla Scala in incisione del Falda

Epicentro di un rione, nonchè asse viario di ancestrale memoria che ricalca fedelmente nel tracciato, la piazza omonima ne è centro di confluenza tra i vicoli adiacenti e chi arrivava dalla lungara varcando Porta Settimiana. Da essa si dipanano vicolo Bologna, vicolo della scala  e la stessa via della scala.


Piazza della Scala 1953
Piazza della scala 1959

piazza della scala 1974

vicolo della scala dal mattonato 1972

Piazza della scala 1970

La via  e la piazza mostrano fuori e dentro i cortili delle abitazioni, edicole sacre, resti di colonnati romanici, ma anche tanta stratificazione sopra i suddetti resti, fatta in tutte le epoche successive all'impero...in piazza troneggia, poco conosciuta, l'unica delle due torri degli stefaneschi, di cui una, sul greto accanto ai giardini della farnesina, fu abbattuta per la costruzione dei muraglioni. 
Portone sotto l'edicola sacra

Edicola sacra


La fondazione della chiesa di S.Maria della Scala fu conseguenza di una serie di episodi che caratterizzarono questa zona di  TRASTEVERE ,alla fine del XVI secolo. Narra la tradizione che, nello stesso luogo dove oggi sorge il Sacro Edificio, vi fosse, accanto alla scala d'ingresso ad una casa, il ritratto di una Madonna alla quale si attribuivano un numero impressionante di miracoli. Il fenomeno assunse proporzioni così elevate che papa Clemente VIII fu quasi costretto ad edificare una chiesa nel luogo ormai meta di numerosi pellegrini in cerca di guarigioni miracolose. Una prima costruzione della chiesa e dell'annesso convento si ebbe all'epoca dei miracoli, ossia nel 1593, su progetto di Francesco Capriani da Volterra per volere dei Carmelitani Scalzi (che tuttora la officiano), ma, a causa di una serie di contrattempi (tra cui anche la morte del Capriani), i lavori terminarono soltanto nel 1610 ad opera di Girolamo Rainaldi.

Mappa a volo d'uccello del Falda

immagine del Pinelli: la danza dell'orso a piazza della scala

dal film abbasso la ricchezza con Anna Magnani, piazza della scala anni 50


 La facciata fu ultimata invece nel 1624 ed è a due ordini: quello inferiore è spartito da lesene con capitelli corinzi e presenta sul portale, al centro di una nicchia, la statua della "Madonna col Bambino" (nella foto 1), opera di Francesco Cusart del 1633. L'ordine superiore è raccordato a quello inferiore mediante volute laterali, completato da coppie di lesene, una finestra con balaustra ed un timpano triangolare. La scala naturalmente oggi non esiste più ma l'immagine miracolosa è tuttora conservata nella "Cappella della Madonna della Scala", dove è situato anche il monumento funebre del cardinale Prospero Santacroce, che fu il primo ad introdurre a Roma il tabacco o, come allora si chiamava, l'erba Santacroce. L'interno, a navata unica con cappelle laterali, custodisce numerose opere d'arte, come la celebre "Decollazione di S.Giovanni Battista" di Gerit Van Honthorst, un nome forse un pò difficile da pronunciare tanto che è più noto come Gherardo delle Notti; nel presbiterio si trova il prezioso ciborio, modello di un tempietto a pianta centrale con colonne di alabastro siciliane e cupola in bronzo. L'altare maggiore è opera di Carlo Rainaldi, mentre al centro del catino vi è una seicentesca "Madonna con Bambino" del Cavalier d'Arpino. Preziosa la "Cappella di S.Teresa d'Avila", disegnata dal Pannini, che custodisce nel reliquario il piede destro della santa. L'annesso convento è in parte attribuito a Matteo da Città di Castello ed in parte ad Ottavio Mascherino: al secondo piano si trova la speziaria, la più antica farmacia di Roma giunta integra fino ai nostri giorni

Cortile della spezieria 1955
spezieria 1934


spezieria 1955

piazza e farmacia anni 40

piazza e farmacia anni 60

 Originariamente istituita per le necessità dei frati, che coltivavano nell'orto le piante medicinali necessarie alla loro salute, alla fine del Seicento fu aperta a tutti e divenne così famosa che vi ricorrevano anche principi, cardinali e perfino i medici dei pontefici. Nell'atrio e sulla porta d'ingresso vi sono ancora i ritratti di fra' Basilio della Concezione, farmacista del Settecento che consolidò la fama dell'esercizio inventando celebri medicamenti come l'acqua antipestilenziale e quella contro l'isterismo. Le maioliche colorate, i vasi, le bilance, gli alambicchi di distillazione, i mortai sono quelli originali, mentre sono del Settecento l'arredamento, le scaffalature, le vetrine ed il bancone. Tra i cimeli più singolari vi è il vaso della theriaca, un farmaco inventato da Andromaco, medico di Nerone, composto di 57 sostanze diverse fra cui carne di vipera maschio, considerata un infallibile antidoto contro i veleni; inoltre, vi è un rarissimo erbario, "Trattato delli semplici", attribuito allo stesso fra' Basilio. Sulle ante degli armadi vi sono ricordate alcune visite celebri come quella di Vittorio Emanuele I, avvenuta il 27 ottobre 1802. Chiesa e convento furono adibiti, durante la Repubblica Romana del 1849, ad ospedale: qui vi morì Luciano Manara ed il moro seguace di Garibaldi, Andrea Aguyar.